giovedì 31 gennaio 2013

Lincoln

Molti di fronte ad un personaggio così noto e discusso come Lincoln si tirerebbero indietro, Spielberg invece ha desiderato ardentemente fare questo film, sul suo Paese, gli Stati Uniti d'America e sul suo vero padre fondatore Abrahm Lincoln. Il progetto è partito sei anni fa circa, con la prima sceneggiatura di John Logan e con l'acquisizione dei diritti di un saggio storico di Doris Goordwin e infine assegnando il compito a Tony Kushner (Angels in America), che ha permesso di circoscrivere l'arco temporale a pochi mesi.  Spierberg sa fare il suo mestiere e su questo non c'è dubbio, ma qui si evolve, sarà l'età o il tema particolarmente storico, meno azione e più attenzione alle parole, anche se siamo nel mezzo della guerra di secessione americana. La centralità del tredicesimo emendamento e del conflitto rimane sempre, ma con una scena immersa nei salotti buoni di Washington e poco nelle battaglia, così cara ai tempi de Salvate il soldato Ryan.
Nel gennaio del 1865 appena dopo la sua rielezione e prima del suo giuramento di febbraio Lincoln è un uomo solo, con un carattere molto difficile, due i suoi obietti i da raggiungere allo stesso tempo: l'approvazione del 13° emendamento per l'abolizione della schiavitù e la conclusione della guerra. Uno statista a tutto tondo con grandi capacità e anche lati oscuri. Ogni mezzo è lecito per ottenere i 2/3 dei voti, per far approvare l'emendamento, anche una velata corruzione concedendo incarichi pubblici a chi votasse sì, ricordandoci metodi tipici di una mala politica dei giorni nostri.
Sono i mesi che hanno segnato il XIX secolo e poi la Storia in modo indelebile. Il campo circoscritto quindi avrebbe portare a un risultato preciso entro certi limiti, così è stato solo in parte. Steven Spielberb parte  un passo davanti agli altri, un ottimo regista e con cast eccellente, ma lascia per strada il pathos, l'emozione, qui non c'è, molte parole, troppe forse. Parole dovute in alcuni casi, importanti dei discorsi, ma altre servono solo a divagare, a raccontare aneddoti poco utili, non come in Django Unchained dove servivano a circuire con l'oratoria oppure in Argo, dove ogni parola era misurata alla  segretezza della missione. Rimangono nella memoria alcune scene memorabili come il discorso di Gettysburg, e poi quando Thaddeus Stevens esce dalla camera triste e porta con sè a casa il documento del 13° emendamento.
Un ottimo documento storico per i posteri in conclusione, ma non un film eccelso, dove manca una marcia in più, Daniel Day Lewis lascia il segno insieme però al sorprendente Tommy Lee Jones (Thaddeus Stevens), due grandi attori del nostro tempo. Dopo aver visto i maggiori pretendenti ai prossimi Premi Oscar posso dire che Argo è superiore a questo Lincoln, per ritmo, incisività e pathos.

Voto: 7

Giorgio Barison

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