Nel gennaio del 1865 appena dopo la sua rielezione e prima del suo giuramento di febbraio Lincoln è un uomo solo, con un carattere molto difficile, due i suoi obietti i da raggiungere allo stesso tempo: l'approvazione del 13° emendamento per l'abolizione della schiavitù e la conclusione della guerra. Uno statista a tutto tondo con grandi capacità e anche lati oscuri. Ogni mezzo è lecito per ottenere i 2/3 dei voti, per far approvare l'emendamento, anche una velata corruzione concedendo incarichi pubblici a chi votasse sì, ricordandoci metodi tipici di una mala politica dei giorni nostri.
Sono i mesi che hanno segnato il XIX secolo e poi la Storia in modo indelebile. Il campo circoscritto quindi avrebbe portare a un risultato preciso entro certi limiti, così è stato solo in parte. Steven Spielberb parte un passo davanti agli altri, un ottimo regista e con cast eccellente, ma lascia per strada il pathos, l'emozione, qui non c'è, molte parole, troppe forse. Parole dovute in alcuni casi, importanti dei discorsi, ma altre servono solo a divagare, a raccontare aneddoti poco utili, non come in Django Unchained dove servivano a circuire con l'oratoria oppure in Argo, dove ogni parola era misurata alla segretezza della missione. Rimangono nella memoria alcune scene memorabili come il discorso di Gettysburg, e poi quando Thaddeus Stevens esce dalla camera triste e porta con sè a casa il documento del 13° emendamento.
Un ottimo documento storico per i posteri in conclusione, ma non un film eccelso, dove manca una marcia in più, Daniel Day Lewis lascia il segno insieme però al sorprendente Tommy Lee Jones (Thaddeus Stevens), due grandi attori del nostro tempo. Dopo aver visto i maggiori pretendenti ai prossimi Premi Oscar posso dire che Argo è superiore a questo Lincoln, per ritmo, incisività e pathos.
Voto: 7
Giorgio Barison