lunedì 27 gennaio 2014

The Wolf of Wall Street

Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio fanno ancora colpo. Raggiungedno livelli di alto cinema con The Wolf of Wall Street. Film questo tratto dalla storia vera di Jordan Belfort, broker di borsa che in pochissimi anni, tra il 1987 e il 1994, è diventato milionario truffando centinaia di risparmiatori. Estremo è l'aggettivo giusto per descrivere l'interpretazione e la vita di Belfort nella realtà e nel film. Una vita dissoluta, depravata al massimo prima per raggiungere i suoi obiettivi e poi per goderne appieno i frutti. Un film estremo e quindi non per tutti, le fan dell'eore di Titanic avranno forse il mal di stomaco di fronte a tutti uesti festini a base di droga, orgie e alcol tra una partita in borsa e un'altra.
Di Caprio dalla sua riesce a calarsi perfettamente nel personaggio e compie un'ottima interpretazione, riconosciuta tale anche da stampa e critici avendo ottenuto un Golden Globe e una nomination agli Oscar, (saranno consegnati il 2 marzo). Un film molto lungo, tre ore quasi, lo voglio ricordare, si parte dalla fine e si torna all'inizio come nel miglior stile di Scorsese e del cinema degli ultimi vent'anni per mostrarci al meglio tutta l'ingordigia e la depravazione di Belfort e di tutti quelli che lavorano per lui uomini e donne.
Un film forte che non giudica il passato ma lo mostra e basta, con attori eccezionali oltre a Di Caprio desidero citare Jonah Hill e Matthew McConaughey. Le note nostrane di Gloria di Umberto Tozzi e la cover rock di Mr Robinson arricchiscono uno dei migliori film della stagione magistralmente diretto.


Voto: 8

Giorgio Barison

giovedì 23 gennaio 2014

Vivere la città': Au Open e Arcade Fire

Rafael Nadal saluta gli spettatori.
Vivere un'esperienza all'estero lunga diversi mesi come la sto vivendo io significa anche vivere la città e vivere quello che offre in questo momento vicino ai miei interessi. Seguendo questo filo logico settimana scorsa, giovedì 16, sono stato a vedere una giornata degli Australian Open di tennis, uno dei quattro tornei del Grande Slam. Dopo averlo visto tante volte in tv ho visto il tennis dal vivo. Mentre ieri mercoledì 22 sono andato al concerto degli Arcade Fire, il mio gruppo preferito, alla Sidney Music Bowl.
Vedere i tennisti, le partite di persona è stato bellissimo, molto emozionante, molto più che vederle in tv, e non conta se i miei beniamini vincono o perdono. I campi, tra cui segnalo la sontuosa Rod Laver Arena, sede di molti concerti, l'Hisense arena, e il margaret court, sono inseriti nel grande Melbourne Park. Il caldo e' stato anche un gran
de protagonista, ci sono stati oltre 42 gradi per tutta la giornata, tanto che hanno dovuto interrompere le partite verso le 14. Io ho visto alla Rod Laver Arena Maria Sharapova contro la Knapp, altoatesina, dopo tre ore e mezza di battaglia ha prevalso la russa, poi mi sono spostato sul campo n. 3 per vedere Andreas Seppi contro Donald Young, che ha vinto dopo cinque set e l'interruzione per il caldo, e infine ho finito la giornata con Rafael Nadal contro il giovane australiano, classe 96, Kokkinakis. Il maiorchino ha vinto imponendosi in tre set. Senza sorprese.
Ieri invece sono stato al concerto degli Arcade Fire, gruppo canadese indie rock, forse il mio primo vero concerto all'aperto, si è tenuto presso la Sidney Music Bowl con piu' di diecimila spettatori. E' stata una ottima serata in compagnia di mio cugino Brian. Sicuramente un concerto che non dimentichero' facilmente, gli Arcade Fire sono stati la mia colonna sonora nelle settimane prima di lasciare l'Italia e anche qui li ho ascoltati molto, cosi' sentire Wake Up, cantata a squarciagola, Afterlife e Reflektor e tutti gli altri pezzi e' stato unico. 

Oggi e' gia' un altro giorno e riparto, nessuna novita' per il lavoro, quindi dopo la breve trasferta a Hobart, torno il 4 febbraio, penso che andro' in farm a fare woofing. Ormai e' diverso tempo che sono qui e sto iniziando a valutare le mie priorita' e cosa preferisco fare nel tempo che mi resta qui lavoro o non lavoro.

Giorgio Barison  

mercoledì 22 gennaio 2014

Her

Los Angeles. Un futuro non troppo lontano. Theodore (Joaquin Phoenix), nome dal sapore vintage, uomo molto solo e introverso, potrei definirlo asociale, e' lasciato dalla sua storica fidanzata Cathrine (Rooney Maara) e cade in depressione. Di professione scrive lettere d'amore per un noto sito. Le persone ormai non riescono piu' a farlo tanto e' forte l'incomunicabilita' tra loro. Arriva in commercio il primo sistema operativo dotato di coscienza, Theodore lo compra subito, si chiama Samantha (Scarlet Johansoon). Tra l'uomo e la voce, dotata di personalita' quasi umana, si instaura un rapporto molto particolare e si innamorano come una coppia "normale". Theodore andra' incontro anche ai rischi del caso e agli sguardi malevoli di colleghi e della sua ex per la sua relazione non con una persona, ma con un computer. Una storia d'amore sul suo senso piu' profondo, quieta, tenue, e romantica. 
Un film che solo un artista visivo come Spike Jonze poteva realizzare, dopo la favola de Where the wild things are e i numerosi videoclip. Ambientato in un futuro che secondo molti, me compreso, e' il piu' realistico e concreto, dove le interazioni umane saranno minime e tutto sara' a voce, addio tastiera e contatto con dispositivi. Immersi poi in citta con grattacieli e colori pastello chiaro. Molto bella e interessante la dedica del film tra gli altri a James Gandolfini, noto per i Soprano e a Maurice Sendak, indimenticabile autore de Where the wild things are da cui Jonze quattro anni fa aveva ttratto il suo film omonimo. Le musiche, nominate agli Oscar, sono leggere, con solo due pezzi, non penetrano troppo, ma sono piacevoli, sono state curate dagli Arcade Fire. Il film convince e' allieta a suo modo, considerato uno dei migliori film dell'anno, e' candidato a 5 premi Oscar, tra cui miglior film e miglior sceneggiatura originale.

Voto: 7

domenica 12 gennaio 2014

Great Ocean Road e The Grampians

I 12 apostoli

La mia esperienza in Australia e' anche la scoperta di questa immensa isola traverso piccoli e grandi viaggi. A questo proposito giovedì 9 e venerdì 10 gennaio ho fatto una gita tra la Great Ocean Road e il Grampians national park insieme ad un gruppo di italiani conosciuti qui a Melbourne.
Il panorama dal Grampians national park
La Great Ocean Road e' una strada che costeggia una della aree piu' belle del Victoria, costruita come memoriale dei caduti durante le guerre. Le sue spiagge sono famose per il surf, a Torquay hanno sede a tal proposito la Quiksilver e la Rip Curl oltre al museo del surf. Da Melbourne si arriva in mezza giornata, noi dopo dieci ore avendo fatto tante soste, alla conclusione dove abbiamo trovato i 12 apostoli. I 12 apostoli è il nome convenzionale dato ad alcune conformazioni rocciose che fuoriescono dall'oceano creando un paesaggio da sogno. In realtà non sono 12 ma meno, ogni anno sono soggetti alle avverse condizioni meteorologiche. Sono una meraviglia per tutti i visitatori da ogni Paese del mondo, creano un'atmosfera da fine del mondo.
Poi il giorno successivo siamo ripartiti da Warnambool alla volta di Halls Gap al centro del Grampians national park. Una parco nazionale sulle verdi colline australiane e scolpito dalla roccia rossa, abbiamo visitato le affascinanti cascante Mckenzie e poi ci siamo spostati di qualche chilometro per vedere l'immensa foresta sottostante da alcune balconate. Un panorama che come potete vede dalle foto merita il viaggio e anche una breve passeggiata sotto il solleone.
Adesso riparto a cercare lavoro, oggi un'altra prova andata bene, ma con lo sguardo vado già a febbraio se non cambia la situazione sto pensando di andare in farm per un breve periodo per fare un'esperienza diversa. Vivo alla giornata senza troppi programmi, tutto può cambiare da un giorno all'altra qui in Australia. Cerco sempre di vivere pienamente.

Giorgio Barison

lunedì 6 gennaio 2014

American Hustle

Decido di andare a vedere questo film dopo averne letto molto bene, specie per le interpretazioni di Christian Bale e del duo Adams / Lawrence, e dopo che ha ricevuto la bellezza di sette nomination ai Golden globes. Solo in parte ha rispettato le mie aspettative.
American Hustle è una bella foto patinata di fine anni 70' che dura ben 138 minuti, davvero un'enormità. Irving Rosenfield (Christian Bale) è un imprenditore dalla doppia vita, proprietario di lavanderie e truffatore nel retrobottega, dopo aver conosciuto la affascinante e avvenente Sydeny Prosser (Amy Adams) espande i suoi affari grazie a falsi conti in Inghilterra. Un giorno però vengono scoperti dal FBI. La coppia viene assoldata per collaborare all'interno di una complessa operazione del FBI guidata da Richie DiMaso (Bradley Cooper), che ha l'obiettivo di scoprire i malaffari dietro la liberalizzazione del gioco d'azzardo nella città di Camden nel New Jersey, governata dal carismatico sindaco Carmine Polito (Jeremy Renner), e i rapporti opachi tra diversi membri del Congresso e alcuni imprenditori vicini alla mafia.
Tra i tre con l'aggiunta della moglie di Rosenfield interpretata da Jennifer Lawrence si crea un “quartetto” d'amore, un intrigo complesso di relazioni amorose, ricco di colpi di scena e ironia.
Il film diverte e intrattiene senza esagerare, c'è un'attenzione particolare per la ricostruzione storica, specie per i costumi e le acconciature, decisamente tipiche in quei anni. Il film è ambientato nel 1978. Non è il di sicuro il miglior film dell'anno troppo prolisso e senza la caratura anche di trama necessaria. Il cammeo finale di De Niro è decisamente evitabile, superfluo e davvero fuori luogo per un grande attore come lui. E' stato candidato a numerosi Golden Globes, tra cui miglior commedia, miglior regia (David O Russell), e per le interpretazioni tutti e quattro gli attori principali: Bale, Cooper, Lawrence e Adams, forse hanno davvero esagerato.


Voto: 6

Giorgio Barison