venerdì 22 febbraio 2013

Re della terra selvaggia

L'inizio di un'esperienza segna sempre molto, Behn Zeitlin con Beasts of the southern wild ( Il re della terra selvaggia) esordisce  ufficialmente nel mirabile mondo di Hollywood, in modo potrei dire indelebile. Lasciando il segno. Un film vero e proprio girato nei modi più semplici ed artigianali possibili: vasto utilizzo della camera a mano, girato interamente in pellicola 16 millimetri con l'aiuto di una piccola troupe professionale, presenza di soli attori non professionisti, girato in loco, ricorrendo ad importanti inserimenti solo per gli effetti speciali.
Tutto questo per raccontare la vita degli abitanti della Grande Vasca e della sua regina, meglio dire re, la piccola Hushpuppy ( Quvenzhanè Wallis). Hushpuppy è solo una bambina di sei anni, orfana di madre, con un padre alcolizzato e malato di cuore di nome Wink.
La piccola bada a tutti, a lei nessuno. Il suo è un mondo altro. Popolato secondo la leggenda dagli Aurochs, creature dell'età delle caverne e dove si presta la massima attenzione al battito del cuore di ogni singolo animale, umo compreso. Un mondo naturale, allo stato brado, senza regole scritte, dove si vive alla giornata, tra pesca, piccoli animali e poco altro. In attesa del grande uragano che spazzerà via tutto, sono in Lousiana nei pressi del Mississipi, dove il rischio è altissimo.
Il regista si è ispirato alla comunità Bayou e alla piece tetrale Juicy and delicious di Lucy Alibar. Un film sperimentale, non perfetto, che si distingue nettamente dalla massa dei prodotti cinematografici di oggi. Giustamente premiato finora, con 4 nomination agli Oscar, tra cui Miglior Film, Regia, sceneggiatura e attrice, dove la piccola Wallis a nove anni è la più giovane candidata della storia con 9 anni. L'unica scelta opinabile è quella della regia dove qualcun altro avrebbe maggiormente meritato.
Un film in conclusione commovente, sulla gioia dell'amore e della vita.

Voto. 7.5

Giorgio Barison

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