martedì 8 ottobre 2013

Gravity

Claustrofobia. Morte. Vita. Le prime parole che mi salgono in mente dopo aver visto Gravity di Alfonso Cuaron (I figli degli uomini, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban). Non è del tutto il film che mi aspettavo: niente e nulla filosofia, scenari mozzafiato dove protagonista è manco a dirlo il nostro pianeta Terra e la galassia, tantissimo CGI applicato ad un 3d adeguato, dialoghi di vita quotidiana. Inoltre aggiungo che ci mostra alcune delle più belle e affascinanti panoramiche della storia del cinema dai tempi di 2001 Odissea nello spazio.
Matt Kowalsky (George Clooney) e la dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) durante una missione spaziale dedicata alla riparazione del telescopio Hubble rimangono colpiti da una tempesta di detriti provenienti da un satellite russo andato in frantumi. Solo loro due sopravvivono alla collisione. I due, lei medico alle prime armi nello spazio con un passato complicato, lui alla sua ultima missione prima della pensione, proveranno in ogni modo a ritornare "a casa" sulla Terra, affrontando l'infinità dell'universo e i propri limiti fisici, tra allucinazioni e sogni, ricordandoci che c'è sempre un valido motivo per vivere.
Un film che lascia attoniti per gli effetti della fotografia di Emmanuel Lubezki, collaboratore storico di Cuaron, che rende omaggio con dovizia alla meraviglia della natura, immagini accompagnate dalla musica di Steven Price. Una narrazione che a mio avviso non colpisce appieno il cuore dello spettatore, rimanendo un bellissimo esempio di 3D, (questa volta il prezzo del biglietto vale davvero la pena), applicato ad una vicenda così complessa, ma che manca del trascendentale, del quid in più per renderlo un capolavoro. Una grande prova professionale quindi per Alfonso Cuaron, in veste di regista, sceneggiatore, produttore e montatore, che dopo una grande lavorazione durata più del previsto ha realizzato un grande prodotto di fantascienza, ma dove poteva spingersi anche oltre.

Voto: 7,5

Giorgio Barison

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